L’allegazione alle dichiarazioni del documento di riconoscimento è imprescindibile

C.M.

Con la decisione in commento il Consiglio di Stato torna ad esprimersi in ordine alla necessità dell’allegazione, per le dichiarazioni a corredo dell’offerta, della copia fotostatica del documento di identità del dichiarante.
Come noto, giusta l’art. 38 d.p.r. 445/2000 “le istanze e le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà da produrre agli organi della amministrazione pubblica o ai gestori o esercenti di pubblici servizi sono sottoscritte dall'interessato in presenza del dipendente addetto ovvero sottoscritte e presentate unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore”.
La noma citata, secondo la lettura che va per la maggiore, non è frutto di una impostazione burocratica, ma è finalizzata a solennizzare quel nesso tra dichiarazione e dichiarante che permette di riferirgli la titolarità delle dichiarazioni rese, e soprattutto la responsabilità per la loro veridicità.
Secondo consolidata giurisprudenza, infatti, “nella previsione di cui al combinato disposto degli art. 21, comma 1, e 38, commi 2 e 3, d.P.R. 445/2000, l'allegazione della copia fotostatica, sia pure non autenticata, del documento di identità dell'interessato vale a conferire legale autenticità alla sua sottoscrizione apposta in calce a una istanza o a una dichiarazione, e non rappresenta un vuoto formalismo ma semmai si configura come l'elemento della fattispecie normativa diretto a comprovare, oltre alle generalità del dichiarante, l'imprescindibile nesso di imputabilità soggettiva della dichiarazione a una determinata persona fisica; pertanto, la mancata allegazione del documento di identità non costituisce una mera irregolarità sanabile con la sua produzione postuma, ma integra gli estremi di una palese e insanabile violazione della disciplina regolatrice della procedura amministrativa”, (Cons. Stato, sez. V, n. 5761 del 6 dicembre 2007, e analogamente Consiglio Stato, sez. VI, 23 luglio 2008, n. 3651).
È dunque sempre necessaria la fotocopia del documento di indentità, al fine di rendere le dichiarazioni rese rilevanti ed efficaci: e su queste conclusioni non può che condividersi, se è vero che, in mancanza, la dichiarazione resa avverrebbe sostanzialmente “senza rischio” di un mendacio penalmente rilevante, con ogni  conseguenza sui possibili abusi.
In linea con l’orientamento, la sentenza qui in commento, la quale conferma sia l’imprescindibilità dell’allegazione documentale, sia l’impossibilità di regolarizzazione postuma.
Più complesso stabilire se davvero occorra una fotocopia del documento per ogni singola dichiarazione (come peraltro di prassi avviene), o se sia sufficiente un documento per più dichiarazioni.
Fermo che in questi casi il bando la fa da padrone (ben può la lex specialis, in effetti, incidere su ogni aspetto di dettaglio), in mancanza di apposita clausola la questione è dibattuta.
Se certa giurisprudenza ha assunto un orientamento rigoroso (il documento occorrerebbe, infatti, per ogni singola dichiarazione anche se nella medesima busta), va registrata una lettura più aperta, essendosi affermato, ad esempio, che (T.A.R. Sardegna, 13 marzo 2008, n. 457) “la formalità prescritta dall'art. 38 del d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445 (in base al quale le istanze e le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà da produrre agli organi della amministrazione pubblica o ai gestori o esercenti di pubblici servizi sono sottoscritte dall'interessato in presenza del dipendente addetto ovvero sottoscritte e presentate unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore) non deve essere tramutata in un formalismo senza scopo, esigendo che più dichiarazioni rese dalla stessa persona in un medesimo procedimento e facenti parte di un medesimo insieme probatorio debbano necessariamente essere accompagnate, ciascuna, da una fotocopia del documento d' identità” . Rigore si, ma cum grano salis.
Piuttosto pacifico (cfr. es. T.A.R.  Sicilia, Catania, 19 giugno 2006, n. 1020), invece, che la norma che impone l’allegazione del documento (si tratta d’altronde di previsione generale, che opera ben oltre il campo delle gare) operi anche in assenza di apposita previsione della lex specialis. O meglio, oltre quelle fattispecie specificamente indicate dalla normativa sugli appalti, essendovi in effetti talune disposizioni espresse (cfr. l’art. 38 d.lgs. n. 163/2006 in tema di dichiarazioni sulla moralità professionale) che fanno rinvio al d.p.r. n. 445/00.
Pertanto, l’allegazione occorre ogniqualvolta ai fini della gara sia occorrente una dichiarazione sostitutiva di atti.
Altrettanto consolidato, infine, che nel caso di mancata allegazione non può farsi ricorso alla potestà di concessione di un termine per integrare: la violazione della disposizione di cui al d.p.r. n. 445/2000 (ancor più quando sia violata apposita clausola a pena di esclusione del bando, e nel caso nulla quaestio), insomma, non può essere sanata in un momento successivo alla produzione dell’offerta tramite integrazione successiva (in termini, ad esempio, TAR Lazio, Roma, n. 487 del 27 gennaio 2007, e Consiglio Stato, sez. VI, 27 maggio 2005, n. 2745).
E, questa volta, si tratta come noto di una peculiarità delle procedure concorsuali quali le gare pubbliche.
L’art. 46 d.lgs. 163/2006 prevede in effetti la possibilità per la stazione appaltante di richiedere integrazioni o chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati. Se la portata della norma, vista anche l’ampia casistica che si presenta, non è del tutto univoca, anche è vero che la giurisprudenza è sostanzialmente concorde nel ritenere che (in disparte l’inapplicabilità nel caso di carenze originarie dell’offerta tecnica o economica) le integrazioni – a salvaguardia del principio di par condicio – sono consentite solo nel limite in cui occorra chiarire il contenuto di una domanda presentata ritualmente e tempestivamente; è dunque da escludersi che si possa ricorrere alla regolarizzazione di documenti che non sono stati presentati toutcourt, come avviene nel caso di un omissione nell’allegazione della copia del documento.