Importanti novità in arrivo in materia di sospensione dell’attività imprenditoriale

M.M.

L’art. 14 del d.lgs. 81 del 2008, in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, disciplina l’istituto della sospensione dell’attività imprenditoriale, quando sia riscontrata la presenza di lavoratori “irregolari” per una percentuale pari o superiore al 20% della forza lavoro, nonché in caso di “gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro”.
La disposizione in parola ha già subito talune modifiche: è stato ad esempio espunto il riferimento alla terza fattispecie originariamente sanzionata, ovvero la violazione della normativa in materia di orario di lavoro, ed è stato inoltre aggiunta la previsione che “ai provvedimenti del presente articolo non si applicano le disposizioni di cui alla l. 7 agosto 1990, n. 241”; tale ultima addenda è stata posta in essere al fine di arginare un piccolo “caso” giurisprudenziale, creatosi a seguito di talune pronunce dei giudici amministrativi (da ultimo, cfr. T.A.R. Liguria, n. 322 del 17 marzo 2009) che avevano sancito la necessità della comunicazione di avvio del procedimento.
Il complessivo disegno di riforma dell’intero d.lgs. 81/2008, recentemente annunciato dal Governo, dovrebbe apportare consistenti modifiche all’istituto.
Dall’analisi dello schema di decreto legislativo, licenziato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 27 marzo, si registra, anzitutto, la conferma della fattispecie dell’impiego di lavoratori irregolari, ma è stata eliminato l’inciso “considerando le specifiche gravità di esposizione al rischio di infortunio”: quindi, la sanzione è destinata ad essere automaticamente ricollegata alla mera presenza, sul luogo di lavoro, di lavoratori privi di regolare contratto, in misura pari o superiore al 20% dell’intera forza lavoro, senza che residui in capo agli ispettori alcun margine di discrezionalità.
Rilevante modifica viene poi apportata all’altra fattispecie, in materia di violazioni “gravi e reiterate”, che diventano, nella nuova dicitura, gravie “plurime”, anziché “reiterate”.
Il significato della nuova terminologia è illustrato dalla norma stessa, per la quale, perciò, si intende “la contestuale realizzazione di almeno tre ipotesi di gravi violazioni rilevate in occasione di un medesimo accertamento ispettivo o la ripetizione per la seconda volta in un biennio di una stessa grave violazione”.
In altre parole, si è in presenza di violazioni “plurime” laddove, alternativamente:
1) il personale ispettivo abbia rilevato nell’ambito del medesimo accesso almeno tre gravi violazioni;
2) il personale ispettivo che abbia rilevato una grave violazione, riscontri l’avvenuto accertamento di “una stessa grave violazione” nel biennio precedente.
Viene, quindi, confermata la rilevanza della “recidiva”, non più, tuttavia, infraquinquennale, bensì infrabiennale.
La locuzione “una stessa grave violazione” potrebbe invece comportare qualche problema interpretativo: non è chiaro, infatti, se a questo punto le violazioni rilevanti debbano essere della medesima specie oppure anche diverse, purchè entrambe gravi.
Quanto al rilievo contemporaneo di tre gravi violazioni da parte degli ispettori, anche sul punto la norma non appare chiara, in quanto non spiega se a tal fine il contesto cui fare riferimento è solo quello del luogo di lavoro, o se invece le tre violazioni sono rilevanti solo se riferibili ad un medesimo datore di lavoro.
Si pensi, a titolo di esempio, all’ipotesi di un cantiere in cui “convivano” più Imprese appaltatrici e/o subappaltatrici: c’è da chiedersi se, ai fini della sospensione dell’attività imprenditoriale ai sensi del nuovo art. 14, dovranno “cumularsi” le gravi violazioni poste in essere da una sola Impresa, oppure dovrà tenersi cumulativamente conto di tutte le “gravi violazioni” eventualmente commesse da tutte le Imprese presenti sul cantiere.
Per il resto, la disposizione conferma la comunicazione del provvedimento sospensivo all’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici e al Ministero per le Infrastrutture, ai fini dell’interdizione dell’Impresa dalla contrattazione con le Amministrazioni.
Viene infine confermata la non applicabilità dell’art. 7 l. 241/90 in materia di avvio del procedimento.

Il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale non è più sottoposto a previa comunicazione di avvio del procedimento.

M.M.
Con l’entrata in vigore del nuovo Testo Unico in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, ha trovato conferma la disposizione (dapprima introdotta dall’art. 36bis l. 248/2006 solo per il settore edilizio, poi estesa a tutte le attività produttive dall’art. 5 l. 123/2007) che consente all’ispettore che ravvisi determinate violazioni su un luogo di lavoro di disporre, in via cautelare, la sospensione dell’attività imprenditoriale.
Segnatamente, tale disposizione ha trovato collocazione all’art. 14 del Testo Unico (d.lgs. 81/2008), a mente del quale “gli organi di vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale … possono adottare provvedimenti di sospensione di un'attivita' imprenditoriale qualora riscontrino l'impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, considerando le specifiche gravita' di esposizione al rischio di infortunio, nonche' in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro”.
Prima dell’entrata in vigore di tale versione “aggiornata” dell’istituto della sospensione (versione comunque ulteriormente “rimaneggiata” dall’entrata in vigore della legge 6 agosto 2008, n. 133, che ha abrogato l’operatività della sospensione nel caso di “reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, riposo giornaliero e settimanale, di cui al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66”), tuttavia, già la giurisprudenza aveva avuto occasione di pronunciarsi in merito al previgente art. 5 l. 123/2007 creando un piccolo “caso” giurisprudenziale, che ha infine trovato soluzione in una significativa addenda introdotta nell’art. 14 predetto.
Si fa riferimento alle pronunce T.A.R. Veneto, III sez., n. 3614 del 24 ottobre 2007 e n. 1391 del 22 aprile 2008; entrambe adottate in forma semplificata, statuiscono che “non vi sono elementi da cui si possa desumere che ai procedimenti in subiecta materia non trovino applicazione le norme generali di cui alla l. 241/90, e, così, le previsioni di cui all’art. 7 della stessa, sulla comunicazione di avvio del procedimento”.
In altre parole, nella vigenza della l. 123/2007, ad avviso della giurisprudenza non poteva adottarsi da parte degli organismi competenti alcun provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale ai sensi dell’art. 5, senza che lo stesso fosse preceduto dalla rituale comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 l. 241/90.
Con l’entrata in vigore dell’art. 14 d.lgs. 81/2008, abrogativo dell’art. 5, il legislatore, in risposta a tale orientamento della giurisprudenza amministrativa, ha pertanto espressamente previsto, in calce al co. 1, che “ai provvedimenti del presente articolo non si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241”.
Tale previsione appare piuttosto “drastica”, laddove, escludendo in radice l’applicazione della l. 241/90, penalizza notevolmente, in termini di garanzie procedimentali, i destinatari dei predetti provvedimenti interdittivi; per questo, già si delinea, nelle prime analisi della norma, una soluzione intepretativa volta a leggere la menzionata esclusione come operante solo con riferimento al capo III sulla partecipazione al procedimento della l. 241/90, senza così far venir meno l’intera operatività della legge ed i principi fondamentali (quali, ad es., l’obbligo di motivazione) ivi contenuti.
Le prime applicazioni giurisprudenziali dell’art. 14, a tutt’oggi attese, chiariranno definitivamente tale nodo interpretativo.

Sicurezza sul lavoro e facoltà di delega da parte del datore di lavoro: delega di funzioni o di responsabilità?

M.M.
Con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 81 del 9 aprile 2008 (ancora non completa, viste le recenti proroghe al 1 gennaio 2009 per alcune delle più importanti disposizioni) il complesso sistema della sicurezza sui luoghi di lavoro cerca di farsi più “maturo”, anche arricchendosi di nuove previsioni rispetto al recente passato costituito dal d.lgs. 626/94.
Fra queste, un importante rilievo acquista la previsione di cui all’art. 16, che finalmente positivizza lo strumento, già largamente diffuso nella prassi e avallato (entro certi limiti) dalla giurisprudenza, della delega di funzioni, mediante la quale il datore affida ad altri soggetti l’espletamento dei propri obblighi in materia di sicurezza.

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Sicurezza sul lavoro: nuovo d.lgs. 81/2008 e ambito soggettivo di applicazione della normativa

M.M.

Con l’entrata in vigore del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, fra le altre novità deve registrarsi altresì quella relativa all’ampliamento dell’ambito soggettivo di applicazione della normativa di tutela del lavoratore sul luogo di lavoro.
Definito il lavoratore (art. 2, co. 1, lett. a) come “persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolga un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari”, la medesima disposizione propone un’elencazione di tipologie lavorative equiparate (associato in partecipazione, volontario che svolge il servizio civile, il tirocinante ex l. 196/97, l’allievo di istituti di istruzione universitari etc.). L’allargamento dei soggetti destinatari della normativa in materia di sicurezza è reso quindi palese dall’inciso “indipendentemente dalla tipologia contrattuale”, nonché dal successivo art. 3, co. 4: “il presente decreto legislativo si applica a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati …”.

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