La finanza di progetto serve davvero?

MPC

Giovedì 7 marzo si è tenuto a Roma, presso l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, un Convegno di Studio organizzato dall'Autorità e dalla Scuola Superiore di Pubblica Amministrazione su e gare, le procedure di finanza di progetto (o, all'inglese  project financing), la trasparenza nell'azione della pubblica amministrazione.

In particolare nel Convegno si è trattato del ruolo che le gare e le procedure ad evidenza pubblica possono svolgere nel favorire l’efficienza e la qualità dei servizi di interesse generale, la realizzazione di buone opere pubbliche e la gestione ottimale di servizi di pubblico interesse.

La relazione che ho tenuto in tale occasione – invitato perché, oltre alle personali ricerche scientifiche sul tema, lo Studio è tra quelli con maggiore presenza in materia – ha riguardato l’esperienza della finanza di progetto a circa un quindicennio dalla sua introduzione in Italia e l’attualità di questa particolare concessione nell'attuale contesto segnato dalla crisi della finanza pubblica, con il conseguente blocco di molte iniziative di appalti e grandi lavori.

La finanza di progetto è una delle forme in cui si esplica il Partenariato Pubblico Privato (PPP), ovvero quel particolare rapporto per cui congiuntamente la parte pubblica e quella privata concorrono insieme alla realizzazione e gestione di opere pubbliche, opere di pubblica utilità e connessi servizi. Il PPP non è un fenomeno giuridico ed economico di solo questo Paese; al contrario, è fenomeno che in Italia è giunto alquanto tardivamente rispetto alle origini situate nel contesto britannico del dopoguerra e in altri Stati dell’area anglo-americana. Da quando se ne è cominciato a parlare, il PPP è stato considerato una sorta di panacea per i problemi tanto dell’amministrazione che dei privati: l’amministrazione sgravata dagli oneri progettuali e soprattutto finanziari; i privati che possono presentarsi come i protagonisti di nuove iniziative e responsabili nel lungo periodo di quanto realizzato a proprie cure e spese.

Il Convegno ha fatto emergere – in altre relazioni, come quella tenuta dall'economista Prof. Mori – che il PPP e la finanza di progetto non hanno in realtà avuto finora particolare spazio. Le iniziative di questo tipo sono state relativamente poche; gran parte di modeste dimensioni; i costi non sono stati integralmente sostenuti dai privati; il contenzioso non è diminuito rispetto alla media degli appalti e delle ordinarie concessioni.

Indubbiamente si tratta di indicazioni fondate, ma che, a mio parere, non possono mettere da parte l’istituto della finanza di progetto. Sia per ragioni congiunturali (la grande crisi) che per motivi di fondo (la finanza pubblica avrà anche nel medio lungo periodo dimensioni ridotte rispetto ai picchi raggiunti sino agli anni novanta), il connubio pubblico-privato non avrà alternative per le opere diverse da quelle strategiche assunte direttamente dalle istituzioni pubbliche.

Per un adeguato funzionamento della finanza di progetto la relazione ha indicato quattro indirizzi: a) una maggiore capacità progettuale dei privati, per migliorare la qualità e l’entità delle opere e dei servizi proposti alla pubblica amministrazione; b) una normativa semplificata e di favore per l’istituto, oltre i pur positivi sviluppi recenti; c) un’amministrazione meglio attrezzata a gestire le procedure di finanza di progetto, non solo fossilizzata sui tradizionali appalti; d) una comprensione da parte del giudice penale e di quello amministrativo che il fenomeno del PPP non è, come finora pare da casi rilevanti, un’occasione malandrina per realizzare illeciti e danni all’erario.

E’ un impegno complesso, ma non impossibile; comunque da perseguire visto che per i motivi detti il PPP è senza alternative in questo momento di grande crisi e che anche per il futuro rimarrà cruciale per gli operatori e le pubbliche amministrazioni.