Aspiranti avvocati: per la valutazione della prova scritta è (definitivamente?) sufficiente il voto numerico

M.M.
Sembra trovare definizione, nella recente sentenza della Corte Costituzionale n. 20 del 30 gennaio 2009, l’annosa querelle giurisprudenziale in merito al giudizio delle Commissioni esaminatrici sulle prove scritte dell’esame per l’abilitazione alla professione forense.
Si fa riferimento in particolare alla ritenuta sufficienza, o meno, del voto numerico ai fini della predetta valutazione: a favore della prima tesi si colloca la giurisprudenza prevalente, forte di un orientamento ormai consolidatosi presso il Consiglio di Stato (da ultimo, sez. IV, 24 dicembre 2008, n. 6562, e 26 gennaio 2009, n. 406); a favore della tesi opposta, milita invece una giurisprudenza nettamente minoritaria, pressoché solo di prime cure (da ultimo, ord. TAR Calabria – Reggio Calabria, sez. I, n. 368 del 9 ottobre 2008; cfr., altresì, TAR Emilia Romagna – Bologna, sez. I, n. 566 del 21 aprile 2004), tuttavia mai del tutto “domata” dalle opposte pronunce di secondo grado.
Nel caso di specie, l’intervento del Giudice delle leggi è stato invocato dal Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento (ordinanza n. 31 del 2008ordinanza n. 32 del 2008, e ordinanza n. 40 del 2008)  il quale ritiene non infondata la questione sottoposta, sotto il profilo della potenziale lesione del diritto di difesa in giudizio del candidato il cui elaborato fosse stato valutato mediante assegnazione allo stesso di mero punteggio alfanumerico, con dedotta violazione quindi degli artt. 24, 111 e 113 della Costituzione.
Sul punto, la Corte Costituzionale già era stata in passato chiamata in causa, con costanti esiti, tuttavia, di dichiarata inammissibilità della questione, per ritenuta “insussistenza in giurisprudenza di un vero e proprio diritto vivente”. Con autentico revirement, nella sentenza in commento la Corte ritiene invece per la prima volta ammissibile la questione: partendo dalla considerazione che, alla luce delle recenti pronunce del Consiglio di Stato, l’orientamento favorevole alla sufficienza del voto numerico è da ritenersi ormai consolidato, si giunge ad affermare che tale “soluzione interpretativa offerta in giurisprudenza costituisce ormai un vero e proprio diritto vivente”. Nel prosieguo della pronuncia, il Giudice delle leggi ritiene comunque infondata la questione, con motivazione invero lapalissiana: le modalità di assegnazione del voto, infatti, atterrebbero il “profilo sostanziale” del provvedimento di valutazione (negativa) del candidato, mentre “l’aspetto processuale degli strumenti predisposti dall’ordinamento per l’attuazione in giudizio dei diritti non è chiamato in gioco dalla norma [di “diritto vivente”, ndr], che non preclude il ricorso al giudice amministrativo”.
L’ordinanza di rimessione del T.R.G.A. di Trento pare pertanto aver provocato un vero e proprio effetto-boomerang sulle ragioni, favorevoli all’orientamento contrario, ivi affermate; infatti, mediante l’assunto che riconosce quale diritto vivente (in quanto tale, passibile di vaglio di costituzionalità) un orientamento, sia pur consolidato, espresso dal Consiglio di Stato, e al di là di implicazioni più squisitamente costituzionali (laddove si riconosce forza normativa ad un orientamento giurisdizionale), la pronuncia in commento sembra porre la parola “fine” al surriferito contrasto giurisprudenziale, affermando la definitiva vigenza nel nostro ordinamento (con riferimento alle prove scritte dell’esame di Avvocato, ma con portata che pare ben più generale) del principio di sufficienza del voto numerico.