Giurisprudenza su DURC e regolarità contributiva: tutto da rifare?

F.B.

Sembra davvero non trovare sbocco la discussione sul rilievo della regolarità contributiva ai fini delle gare di appalto. E mentre la giurisprudenza, sia di primo che di secondo grado, sembrava, nell’ultimo anno, avere consolidato una condivisa interpretazione formalistica (per la quale la mancanza del DURC alla data dell’offerta impedisce comunque la partecipazione alla gara), una recentissima decisione del Consiglio di Stato – avallata nei giorni seguenti da una pronuncia del T.A.R. del Veneto – ha rimesso tutto in discussione.
La questione interpretativa – che non ammette che le due opposte letture qui in commento – consiste nel verificare se, ai sensi dell’art. 38 d.lgs. n. 163/2006, la regolarità contributiva, certificata da un D.U.R.C. positivo, costituisca requisito per la partecipazione alla gara (e per la stipula del contratto).
Va premesso che la normativa, in proposito, è stata più volte modificata dal legislatore negli ultimi anni (e non solo ad opera del nuovo Codice, essendo significativi gli interventi contenuti in leggi speciali): peraltro, i vari orientamenti giurisprudenziali, nonostante i vari tentativi di mettere ordine sulla base delle norme, hanno in più casi finito per argomentare “per princìpi”, di modo che le varie pronunce che si sono accavallate nell’ultimo periodo, talvolta rese in vigenza del d.lgs. n. 163/06, talaltra in vigore della normativa previgente, mostrano una dicotomia di soluzioni tutt’altro che riconducibile alle norme vigenti ratione tempore. In particolare, l’art. 38 d.lgs. n. n. 163/2006, che disciplina i requisiti generali di ammissione (in precedenza, cfr. art. 75 d.p.r. n. 554/1999, e artt. 11 e 12 d.lgs. n. 258/92 e 157/1995), stabilisce il divieto di partecipazione per coloro che “hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali” (lett. i)).
Fin qui, la regolarità contributiva non parrebbe costituire requisito generale di ammissione, in quanto la norma sancisce l’esclusione solo quando si tratti di violazioni contributive “gravi”, oltre che oggetto di definitivo accertamento. Con esclusione, perciò, delle violazioni “non gravi” (secondo la valutazione dell’Ente appaltante).
La conclusione appare peraltro avallata dalla circostanza – poco considerata in seno al dibattito sul tema, ma indubbiamente significativa – che il nuovo Codice non ha riprodotto il tenore dell’art. 12 d.lgs. n. 157/95, il quale stabiliva il divieto di partecipazione per i concorrenti “non … in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori”. 
Ciò premesso, ulteriori disposizioni in materia si rinvengono sia nel co. 2 dell’art. 38, sia nella normativa speciale. In primo luogo, è stabilito che la “regolarità contributivo-previdenziale” sia accertata tramite lo strumento del D.U.R.C., di cui all’art. 38, co. 2, dall’art. 2 D.L. n. 210/02, e dall’art. 90 d.lgs. n. 81/08 (già art. 3 co. 8 d.lgs. n. 494/96). In secondo luogo, il co. 2 dell’art. 38 dispone che “resta fermo, per l'affidatario, l'obbligo di presentare la certificazione di regolarità contributiva di cui all'articolo 2, del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210…”. Mentre l’art. 2 D.L. n. 210/02 prevede che “le imprese che risultano affidatarie di un appalto pubblico sono tenute a presentare alla stazione appaltante la certificazione relativa alla regolarità contributiva a pena di revoca dell'affidamento”.
In terzo luogo, il D.M. Lavoro 24 ottobre 2007 ha definito, ai fini del rilascio del D.U.R.C., la nozione di “regolarità contributiva”, con previsione che essa sussiste anche in caso di “richiesta di rateizzazione” approvata, etc., e con previsione di una precisa “soglia di tolleranza” per le somme a debito.
La giurisprudenza è stata più volte chiamata a stabilire, sostanzialmente, se la mancanza di un D.U.R.C. in regola impedisca sempre l’aggiudicazione, o solo quando l’irregolarità dia luogo a una “violazion[e] grav[e] definitivamente accertat[a]”; se il D.U.R.C. debba essere necessariamente regolare già alla data di presentazione dell’offerta; se, infine, abbia o meno efficacia sanante la regolarizzazione postuma alla data dell’offerta (ma antecedente il contratto).

Parte della giurisprudenza si è orientata per una lettura sostanzialistica: in breve, se è vero che le norme prescrivono (pur se con tenore di dubbia limpidezza) l’obbligo di regolarità contributiva, anche è vero che la sanzione dell’esclusione è espressamente prevista per il solo caso di violazioni gravi e oggetto di accertamento definitivo. Altra giurisprudenza, valorizzando il co. 2 dell’art. 38, nonché l’art. 2 D.L. n. 210/02 e il D.M. 24 ottobre 2007, hainvece concluso per una lettura formale, per la quale ogni caso di carenza della regolarità contributiva (rectius, di D.U.R.C. negativo) impone l’esclusione e la revoca dell’aggiudicazione.

Per la prima lettura, a carattere sostanziale, si era ad esempio espresso il T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, I, n. 3740 del 19 giugno 2008, nonché il parere n. 102/2007 dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti. Si concludeva, nel caso, per l’obbligo della stazione appaltante di una congrua motivazione in punto di gravità, evidenziando, anche, l’efficacia sanante della regolarizzazione postuma (cfr. anche, implicitamente, Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 716 del 27.2.08, e T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, n. 537 del 22.10.08, per la quale l’inadempimento contributivo “può essere considerato causa di esclusione solo ove sia grave e definitivamente accertato”).
Per la seconda lettura, a carattere formalistico, invece, ogni irregolarità contributiva impone l’esclusione dalla gara: in altri termini, l’un conto sono le “violazioni gravi”, che precludono la partecipazione anche se pregresse e, magari da tempo, sanate; si tratta di “tare”, in buona sostanza, che rimangono in capo all’Impresa alla pari delle sentenze di condanna degli amministratori. Altro conto è la regolarità contributiva, che, anche se non grave, implica il divieto di partecipazione e contrattazione, considerato anche che, nel nuovo regime, ove la valutazione sulla posizione contributiva è istituzionalmente rimessa alle Casse edili emittenti il DURC (e secondo norme che predeterminano le “soglie di tolleranza”), alla stazione appaltante non è richiesto che di prendere atto di tali risultanze, senza poterle sindacare.
In questo senso si sono pronunciate la recente sentenza del T.A.R. Toscana,  n. 182 del 2 febbraio 2009, del T.A.R. Trentino Alto Adige, Trento, n. 8 del 21 gennaio 2008, quella del T.A.R. Lecce, n. 109 del 29 gennaio 2009, e la decisione del Consiglio di Stato, V, n. 5575 del 23 ottobre 2007, capofila di tale orientamento.
Precisamente, il Consiglio di Stato, nella decisione n. 5575/07, ha precisato che la nozione di "regolarità contributiva”, non coincide con quanto previsto dall’art.75, comma 1 lett.e) del D.P.R. n.554/1999 (oggi art. 38 co. 1 d.lgs. n. 163/06, lett. i)), ma implica nozione più ampia “che comporta l’assenza di qualsiasi inadempienza agli obblighi previdenziali, iniziando dal mancato tempestivo pagamento delle somme dovute a seguito di dichiarazioni e denunce da parte del medesimo soggetto interessato”.
Il T.A.R. Toscana, infine, con la sentenza n. 182/2009, del 2 febbraio 2009, ha chiarito che il requisito della regolarità contributiva “è innanzitutto uno strumento indispensabile di tutela del lavoro e della sua sicurezza mentre, al contrario, le irregolarità contributive e assicurative, da un lato, costituiscono indice di inaffidabilità contrattuale, dall'altro possono tradursi in una forma di finanziamento occulto idoneo ad alterare il corretto confronto concorrenziale ed a pregiudicare la par condicio tra i concorrenti, in danno dell'imprenditore che abbia puntualmente adempiuto agli obblighi predetti. In relazione a ciò appare logico e consequenziale che il requisito in esame sia richiesto in termini rigorosi anche sotto il profilo temporale e dunque se ne pretenda il possesso sin dal momento del primo contatto tra l'impresa e l'amministrazione aggiudicatrice, cioè alla data di presentazione della domanda di partecipazione alla gara”. 

Concludendo nel senso che occorre sempre un DURC in regola, pena l’esclusione o la revoca dell’aggiudicazione; che tale regolarità deve esservi già al momento dell’offerta (essendo irrilevante la regolarizzazione postuma); e ciò senza che abbia rilievo la gravità o meno della violazione. Tale orientamento formalistico è stato altresì ribadito dalla sentenza del TAR Puglia, Lecce, n. 109/2009, dep. il 29.1.2009, nonché dalla altrettanto recente decisione del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1458 del 12.3.2009 (“la regolarità contributiva deve essere presente al momento dell’offerta ; a seguito della entrata in vigore della disciplina sul certificato…, la verifica della regolarità contributiva è demandata agli Istituti di previdenza”).
Da evidenziare, tra l’altro, che talune delle citate sentenze – a scanso di equivoci – hanno altresì affermato (e non ve n’era bisogno una volta optato per il draconiano orientamento formalistico) che la gravità in concreto può sussistere in disparte l’entità delle somme, e anzi, anche le violazioni di modesta entità possono, o addirittura sono, sempre “gravi” (cfr. in particolare la decisione n. 1458 del 12.3.2009). Precisazione (non necessaria) che suscita più di un dubbio, se è vero, come è, che è la legge stessa a distinguere tra “violazioni gravi” e “violazioni lievi”, ove, anche ad aderire all’orientamento formalistico, il regime delle due fattispecie è profondamente diverso.
Mentre tale orientamento sembrava consolidato, la recentissima pronuncia qui in commento ha operato una bruisca sterzata, tornando ai fasti della lettura sostanzialistica dietro citata.
Palazzo Spada, con la decisione n. 2874 del 11.5.2009, ha infatti ritenuto (rinviando gli atti alla Corte dei Conti per ipotesi di danno erariale conseguente al risarcimento), facendo ampio rinvio alla normativa comunitaria, che “nel disposto dell’art. 2, co. 1 del D.L. n. 210/2002, l’effetto automatico della revoca a carico dell’affidataria, sanziona… il fatto oggettivo dell’omessa presentazione alla stazione appaltante del certificato relativo alla regolarità contributiva e non l’irregolarità contributiva in sé e per sé. L’automatismo consegue alla omessa presentazione e non al non essere in regola con i contributi. Circostanza quest’ultima che, in assenza di diversa indicazione nella lex specialis, va valutata in relazione alla gravità dell’infrazione ad opera della stazione appaltante”. 
Vale a dire: poiché non è stabilita (ed in effetti questo è vero) una apposita causa di esclusione nel co. 1 dell’art. 38 (che, altrimenti, avrebbe domandato espressamente il requisito della regolarità previdenziale), le inadempienze verso le previdenze possono rilevare solo se “gravi” e “definitivamente accertate”.
Un cambio di lettura in piena regola, ed un ritorno esplicito alla tesi sostanzialistica: ancorchè la decisione sia stata resa in relazione all’art. 75 d.p.r. n. 554/99 (e su fattispecie antecedente il D.M. del 2007), la lettura appare infatti aderire pienamente ad una valutazione sostanzialistica, valida anche in vigenza del nuovo Codice del 2006. Il revirement della giurisprudenza non è peraltro un caso isolato: da pochi giorni, infatti, è stata pubblicata la sentenza del T.A.R. Veneto, n. 1601 del 26.5.09, la quale, pur premettendo che secondo l’orientamento prevalente la regolarità contributiva (quindi, la positività del DURC) costituisce requisito essenziale, ha concluso facendo riferimento alla lett. i) dell’art. 38, affermando che “la formulazione della disposizione testè citata impone che il provvedimento di esclusione dalla gara per irregolarità contributiva sia congruamente motivato … con riguardo alla sussistenza delle condizioni di gravità e definitività”.
Ovvero: la regolarità contributiva è requisito di partecipazione, e la relativa verifica spetta alle Previdenze che emettono il DURC; tuttavia, alla luce di esso e delle relative risultanze, la Stazione appaltante è comunque tenuta alla propria valutazione in merito alla gravità e definitività della violazione.
La questione pertanto resta aperta, con l’aggravante che entrambe le soluzioni si fondano su argomenti sostenibili. All’Adunanza plenaria la parola conclusiva?